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La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l’immagine della debolezza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi.

[…] La fragilità fa parte della vita, ne è una delle strutture portanti, una delle strutture ontologiche, e delle forme di umana fragilità non può non occuparsi la psichiatria: immersa nelle sue proprie fragilità e nelle fragilità dei suoi pazienti, divorata dal rischio e dalla tentazione di non considerare la fragilità come umana esperienza dotata di senso ma come espressione più, o meno, dissonante di malattia, di una malattia che non può essere se non curata.Come definire la fragilità nella sua radice fenomenologica? Fragile è una cosa (una situazione) che facilmente si rompe, e fragile è un equilibrio psichico (un equilibrio emozionale) che facilmente si frantuma, ma fragile è anche una cosa che non può essere se non fragile: questo essendo il suo destino. La linea della fragilità è una linea oscillante e zigzagante che lambisce e unisce aree tematiche diverse: talora, almeno apparentemente, le une lontane dalle altre.Sono fragili, e si rompono facilmente, non solo quelle che sono le nostre emozioni e le nostre ragioni di vita, le nostre speranze e le nostre inquietudini, le nostre tristezze e i nostri slanci del cuore; ma sono fragili, e si dissolvono facilmente, anche le nostre parole: le parole con cui vorremmo aiutare che sta male e le parole che desidereremmo dagli altri quando siamo noi a stare male. Sono fragili, sono vulnerabili, esperienze di vita alle quali talora nemmeno pensiamo, come sono le esperienze della timidezza e della gioia, del sorriso e delle lacrime, del silenzio e della speranza, della vita mistica; ma ci sono umane situazioni di vita che ci rendono fragili, o ancora più fragili, dilatando in noi il male di vivere, e sono le malattie del corpo e quelle dell’anima, ma anche la condizione anziana quando sconfini, in particolare, negli abissi della malattia estrema: la malattia di Alzheimer. Sono situazioni di grande fragilità interiore che la vita, la noncuranza e l’indifferenza, e anche solo la distrazione e la leggerezza altrui, accrescono e straziano.Come non riconoscere (così) nell’area semantica e simbolica, espressiva ed esistenziale, della fragilità gli elementi costitutivi della condizione umana?

[…] la fragilità è il nostro destino, certo, ma essa nasce, si svolge e si articola in una stretta correlazione con l’ambiente in cui viviamo, e cioè con gli altri da noi. La coscienza della nostra fragilità, della nostra debolezza e della nostra vulnerabilità (sono definizioni, in fondo, interscambiabili) rende difficili e talora impossibili le relazioni umane: siamo condizionati dal timore di non essere accettati, e di non essere riconosciuti nelle nostre insicurezze e nel nostro bisogno di ascolto, e di aiuto. La nostra fragilità è radicalmente ferita dalle relazioni che non siano gentili e umane, ma fredde e glaciali, o anche solo indifferenti e noncuranti. Non siamo monadi chiuse, e assediate, ma siamo invece, vorremmo disperatamente essere, monadi aperte alle parole e ai gesti di accoglienza degli altri; e, quando questo non avviene, le dinamiche relazionali si fanno oscure e arrischiate: dilatando fatalmente le nostre fragilità e le nostre ferite, le nostre insicurezze e le nostre debolezze, le nostre vulnerabilità.

(La fragilità che è in noi, Eugenio Borgna )

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