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Nella favola di Eros e Psiche raccontata da Apuleio, Pan protegge Psiche dal suicidio. Sconsolata, senza amore, negato l’aiuto divino, l’anima è presa dal panico. Psiche si butta nel fiume che la rifiuta. In quello stesso momento di panico, Pan compare con il suo altro lato riflessivo, Eco, e persuade l’anima su alcune verità naturali. Pan è al tempo stesso distruttore e preservatore, e i due aspetti appaiono alla psiche in stretta prossimità. Quando siamo presi dal panico noi non sappiamo mai se non si tratti del primo movimento con cui la natura si appresta a elargirci, se siamo capaci di udire l’eco della riflessione, una nuova visione di se stessa.

[…] Quando l’umano perde la connessione personale con la natura personificata e l’istinto personificato, l’immagine di Pan e l’immagine del Diavolo si mescolano. Pan non morì mai, dicono molti commentatori di Plutarco, egli venne rimosso. Perciò, come è stato affermato più indietro, Pan ancora vive, e non soltanto nell’immaginazione letteraria. Egli vive nel rimosso che ritorna, nelle psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti, come indica Roscher, innanzitutto nell’incubo e nelle qualità erotiche, demoniache e paniche ad esso associate.

[…] La paura, in quanto è uno dei modelli istintuali di comportamento, in quanto partecipa della “saggezza del corpo”, per usare l’espressione di Cannon, ci offre una connessione con la natura (Pan) eguale alla fame, alla sessualità o all’aggressione. La paura, come l’amore, può diventare un richiamo per la coscienza; si incontra l’inconscio, l’ignoto, il numinoso e l’incontrollabile restando in contatto con la paura, che eleva dal cieco panico istintuale del gregge al sagace, astuto, riverente sgomento del pastore.

(Saggio su Pan, James Hillman )

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