Per rendere tollerabile la nostra fragilità, molto confidiamo in quella cosa che fra gli esseri viventi desideriamo pensare solo nostra: l’attività di pensiero. E’ alla ragione che ci affidiamo per ridurre il tasso di fragilità (Nussbaum, 1996, p. 47). Questo abbiamo imparato agli inizi della cultura occidentale e il tempo dimostra che all’uso della ragione dobbiamo i guadagni nelle tecniche che permettono di migliorare la qualità della vita.E’ vero che il pensiero può tanto: può conoscere le intricate relazioni di un ecosistema, ricostruire la mappa delle stelle che pendono dal cielo australe, penetrare nei segreti più intimi della materia e di questa sfruttare la forza per costruire mondi nuovi, progettare città, inventare poesie dove il sentire trova le parole per dirsi, e non ultimo comprendere la qualità dei vissuti di un altro e cercare con lei/lui sentieri di comunione. Il pensiero ha forza e potere di fare, e noi possiamo alimentarlo, orientarlo, piegarlo ai nostri obiettivi; ma neppure su di esso, nel quale tendiamo a identificare la nostra essenza e a confidare per affrontare la vita, abbiamo sovranità.Non solo il pensiero è limitato e può farci cadere in errore, ma di colpo la razionalità faticosamente conquistata può dileguarsi e lasciarci in balia dell’altro che noi siamo. E’ facile esperire questa radicale provvisorietà delle forme dell’esserci, anche se conquistate con fatica, quando capita in modo del tutto inaspettato di avvertire che la mente insegue pensieri non cercati e non voluti, e rispetto a questo movimento involontario della mente nulla possiamo se non lasciare che accada. Anche la ragione, cui da sempre ci affidiamo per trovare il massimo possibile di sovranità sull’esperienza, è in potere della vita; quando, infatti, la mente cerca la quiete, una pausa dal pensare, continua a sentire l’inesauribile fluire dei pensieri ed emozioni che niente riesce a fermare. Come se la vita della nostra mente non fosse che un momento di un fluire più vasto che in essa risuona e rispetto al quale noi non abbiamo alcun potere. Se nella vita della mente sta la nostra essenza e se la qualità del nostro essere è la fragilità, allora la ragione non può che essere intimamente fragile essa stessa. Ricordiamo che in greco la parola che indica l’anima, psuche, indica anche la farfalla, che è metafora di quanto è più delicato e fragile.
(Filosofia della cura, Luigina Mortari)